San Martino del Carso
Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro
Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto
Ma nel cuore
Nessuna croce manca
E’ il mio cuore
Il paese più straziato
L’immagine di un paese distrutto dalla guerra, San Martino
del Carso, è per il poeta l’equivalente delle distruzioni che sono celate nel
suo cuore, causate dalla dolorosa perdita di tanti amici cari. Ancora una volta
il poeta trova nelle immagini esterne una corrispondenza con quanto egli prova
nei confronti dell’uomo, annullato dalla guerra. La lirica, di un’estrema
essenzialità è tutta costruita su un gioco di rispondenze e di contrapposizioni
sentimentali, ma anche verbali: di San Martino resta qualche brandello di muro,
dei morti cari allo scrittore non resta nulla; San Martino è un paese
straziato, più straziato è il cuore del poeta. Così, eliminando ogni
descrizione e ogni effusione sentimentale, l’Ungaretti riesce a rendere con il
minimo di parole la sua pena e quella di tutto un paese, e dà vita a una lirica
tutta nuova.
La lirica è costituita da quattro strofe. Le prime due
strofe sono legate da un’anafora ("di queste case … di tanti") e
dalle iterazioni ("non è rimasto … non è rimasto; tanti … tanto"). La
metafora "brandello di muro" riconduce all’immagine di corpi mutilati,
straziati, ridotti a brandelli. La terza strofa si apre con un ma che ribalta
l’affermazione precedente. Come le prime due, le ultime due strofe sono legate
da un parallelismo ("ma nel cuore … è il mio cuore") e dall’analogia
(cuore = paese). Anche se nulla è rimasto dei compagni morti, "nessuna
croce manca": non è svanito il ricorso di nessuno di quei morti. Le croci
suggeriscono l’immagine di un cimitero, ma richiamano, naturalmente, anche al
sacrificio e alla morte del Cristo.
L’immagine finale del cuore straziato richiama quella
iniziale del brandello di muro, racchiudendo il componimento in un cerchio di
dolore.
San Martino del carso descrive una sorte di "morte
della vita": il luogo più vivo del corpo di un uomo, il cuore, sede delle
emozioni, è assimilato ad un cimitero, a un regno di morte.Così il poeta
stabilisce un'analogia tra sè e l'aridità delle rocce carsiche, qui egli
confronta il proprio cuore con un paese distrutto, anzi, per opposizione, il
cuore ospita le croci che invece mancano nel paese reale, distrutto dai
bombardamenti.
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